IL DOLORE: COSA SAPPIAMO?
Chiunque si sia occupato o si occupi di dolore conosce la definizione di dolore della IASP (International Association for the Study of Pain) del 1979 che definisce il dolore come: un’esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta in rapporto a tale danno.
Nel 2018, la IASP ha dato mandato ad una Task Force di procedere alla revisione di questa definizione ormai universalmente accettata ed utilizzata, allo scopo di introdurre delle variazioni che descrivano in modo ancora più accurato quella che è l’esperienza del dolore.
Attualmente il dolore viene definito come “un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale reale o potenziale” viene implementata dall’aggiunta di sei note integrative e dall’etimologia della parola dolore, utili per un migliore inquadramento:
Il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali.
Il dolore e la nocicezione sono fenomeni diversi. Il dolore non può essere dedotto solo dall’attività neurosensoriale.
Le persone apprendono il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita.
Il racconto di un’esperienza come dolorosa dovrebbe essere rispettato.
Sebbene il dolore di solito abbia un ruolo adattativo, può avere effetti negativi sulla funzionalità e il benessere sociale e psicologico.
La descrizione verbale è solo uno dei numerosi modi per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o un animale provi dolore.
Sistema di allerta?
Il dolore serve a creare un sistema di allerta che protegge il nostro corpo da eventuali danni con un ruolo fondamentale nel garantire la nostra sopravvivenza proteggendoci da stimoli o situazioni pericolosi.
Nella sua forma più semplice è un sistema di rilevamento del pericolo.
Storicamente il dolore era visto come un processo relativamente semplice che nasceva da un input nei tessuti e veniva riprodotto in un'esperienza dolorosa che rappresentava accuratamente lo stato dei tessuti stessi.
Più recentemente si è iniziato a considerare il dolore come una fonte non attendibile di informazioni sullo stato dei tessuti né tanto meno come il risultato di un processo lineare, bensì modulato da molti fattori tra i quali credenze ed esperienze precedenti, stati d'animo ed emozioni, fattori sociali e contestuali, stress, attenzione e stimolazioni sensoriali.
DOLORE = DANNO ?
La ricerca dimostra che l’esperienza del dolore è molto più complessa e sfumata di così e che in realtà non riguarda la lesione in sé.
Sappiamo che puoi avere una lesione senza provare dolore: se prendessimo 100 persone che non hanno mai avuto mal di schiena e le sottoponessimo alla risonanza magnetica, nel 50% di loro troveremo disturbi discali o segni di artrosi che non producono sintomi e assolutamente nessun dolore.
Sappiamo anche che puoi provare dolore senza avere una lesione. Come nel caso delle emicranie, il mal di testa che accompagna un’emicrania può essere davvero forte, ma non ci sono lesioni iniziali, non ci sono danni permanenti e nel giro di poche ore la persona è di solito completamente guarita.
Sappiamo anche che puoi provare dolore senza avere una parte del corpo, un esempio si evidenzia nell’arto fantasma, caratterizzato da sensazioni dolorifiche associate ad un arto che è stato amputato.
Questo essenzialmente significa che il dolore non è qualcosa che esiste nel nostro corpo, è creato dal nostro cervello e proiettato sul nostro corpo.
Per questo motivo dobbiamo allontanarci dal mito DOLORE = DANNO perché se crediamo che il dolore sia un indicatore preciso per rilevare un danno tissutale da solo, non solo è errato, ma può rivelarsi controproducente.
Nulla di tutto ciò intende che il dolore non è reale o che è tutto nella tua testa. Il dolore è reale. Il dolore è una sensazione reale ma che non necessariamente riflette un reale danno nel nostro corpo. Nonostante la presenza del dolore dipenda dall’attività del cervello, questo non vuol dire che devi semplicemente dimenticarti del dolore o pensare che sia colpa tua. Sfortunatamente il processo che crea dolore è per lo più inconscio e fuori dal nostro controllo e nonostante i pensieri consci possano cambiarlo, in molti casi l’effetto è piccolo.
Oggi il dolore è visto come un'esperienza sfaccettata che comprende da un lato componenti sensoriali/discriminative le quali forniscono informazioni su intensità e localizzazione, dall'altro componenti affettive/comportamentali che influenzano le emozioni, l'attenzione e le azioni relative al dolore o al suo evitamento.
Quando il dolore continua oltre al normale tempo richiesto per la sua risoluzione, i processi neuroanatomici e neurofisiologici che lo sottendono possono essere modificati a livello periferico, midollare o anche nel cervello, cosicché il dolore che proviamo arriva ad avere meno a che fare con lo stato fisico dei tessuti e potenzialmente di più a che fare con il sistema stesso di rilevamento del pericolo. Quindi il dolore persistente o cronico ha spesso più a che fare con cambiamenti al "sistema d'allarme" che con l'effettivo stato fisico del nostro corpo.
Fortunatamente tutto ciò può essere modulato dalla comprensione dei processi che gestiscono vari aspetti della nostra vita e che determinano ciò che sentiamo e pensiamo.
Aiutare la gente a capire di più la propria esperienza del dolore può essere utile al fine di ridurlo.
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